Caro Gianfranco, i giapponesi non hanno questo “problema”, perché hanno sempre realizzato motori e telai di qualsiasi genere, per cui non hanno una clientela affezionata a determinate soluzioni tecniche. Invece ci sono Case occidentali che hanno legato il loro nome a precise identità: Moto Guzzi lo ha fatto, fin dagli anni Sessanta, al V2 trasversale e al cardano. Ducati con bicilindrici a L, distribuzione desmodromica e telaio a traliccio, mentre BMW lo ha fatto con boxer e cardano, ecc. Ma le Ducati sono inconfondibilmente Ducati anche adesso, che sono stati sdoganati il V4 e le nuove ciclistiche. Moto Guzzi in passato ha realizzato di tutto, compresi motori a otto cilindri. BMW era già stata accusata di avere perso l’anima quando aveva cambiato, sulla R 1200 GS, il sistema di raffreddamento e il tipo di frizione. Salvo poi venire osannata dalla stessa gente che, all’inizio, aveva storto il naso. Ti segnaliamo, però, che non si può affermare che la GS abbia perso nelle vendite rispetto agli anni 90: in quel periodo immatricolava meno di 1.000 esemplari all’anno ed era ben lontana dalla testa della classifica. La scalata inizia nei primi anni 2000 ed è coronata dalla vetta nel 2008, con circa 7.000 pezzi. Vetta dove è rimasta ininterrottamente fino al 2019 (e dove starebbe anche oggi, se sommassimo standard e Adventure). È sempre rimasta sulla cresta dell’onda e, secondo noi, uno dei motivi è stata proprio la sua capacità di adattarsi ed evolversi, senza snaturarsi. Di fatto, è l’unica maxienduro che non è mai uscita dal listino ed è stata lei a suonare la musica alla quale le concorrenti hanno dovuto adeguarsi. Di una cosa, poi, siamo certi: non si può decidere che una moto abbia perso l’anima senza averla provata prima.