“Clamoroso! La BMW a 3 e 4 cilindri” titolava in copertina il numero di Motociclismo del luglio 1983. Grazie ad alcune foto scattate “dal fotografo tedesco Hans G. Lehmann che si era nascosto dietro ad un cespuglio” (come ricordavamo in quel vecchio numero) il mondo dei motociclisti ha scoperto che la casa bavarese stava per lanciare sul mercato due prodotti innovativi. Quello che all’epoca non si sapeva è che quel giorno sarebbe nata una vera e propria stirpe: la serie K. Oggi, e ne parliamo nel numero di Motociclismo in edicola, siamo arrivati ad una nuova tappa con la super turistica K 1600 GT/GTL che abbiamo recentemente testato in Sudafrica.
La sigla K deriva dall’iniziale della parola “Kompact”, definizione dell’epoca per lo schema motore-trasmissione: il cuore era un quattro cilindri in linea longitudinale (poi definito comunemente “a sogliola”), coricato di 90 gradi sulla sinistra, raffreddato ad acqua e con distribuzione bialbero e due valvole per cilindro. L’alimentazione era fornita da un impianto di iniezione elettronica Bosch (di derivazione automobilistica) ed elettronica era anche l’accensione. Frizione monodisco a secco, come da tradizione BMW, e il cambio in linea con motore e albero di trasmissione, utile per evitare perdite dovute a rinvii conici. Un motore, e complessivamente tutta la meccanica, con il pregio di un’alta accessibilità, grazie alla quale eseguire interventi anche importanti (ad esempio la registrazione delle valvole) senza tempi inutili di montaggio-smontaggio di parti della carenatura o altro. Per questo, ad esempio, il disco posteriore era integrato con il mozzo per favorire lo smontaggio della ruota. Ma aveva anche il non trascurabile vantaggio di costare meno di un boxer 1000 dell’epoca per il minore utilizzo di manodopera. Insomma, era un motore molto automobilistico.
Forse non tutti sanno che… erano state prese in considerazione anche altre architetture per questo motore: una “V” larghissima (168°) con cilindrata di 1.200 – 1.500 cc per poi passare ad uno schema a quattro cilindri orizzontali contrapposti ma l’uscita della Honda Gold Wing aveva costretto BMW ad abbandonare questo progetto. Infine, si era pensato ad un quattro cilindri ad “H”, cioè con due motori boxer sovrapposti, ma era troppo complicato.