Dopo due giorni con la
Victory Octane, divertente e grintosa, ma non certo adatta alle lunghe distanze, cambiamo la sua sella singola per il trono della nuovissima Indian Springfield (
qui le foto), ultima nata dello storico marchio americano oggi – proprio come Victory – di proprietà del gruppo Polaris. La chiamano bagger, perché ha di serie le borse rigide posteriori asportabili (le medesime della Chieftain: qui la
versione Road Master), ma al posto della carenatura tipica di questo stile, ha un classicissimo parabrezza (asportabile) che sovrasta la cromata
nacelle del faro. Sia come sia, di certo invoglia a viaggiare, questa maxi: il comfort è da instancabile macinachilometri. La posizione in sella è quanto di più naturale ci si possa immaginare. E la protezione dall’aria è più che buona anche per me che supero i 180 cm di altezza. Solo le gambe restano esposte (tra gli accessori ci sono i rivestimenti morbidi da applicare alle barre anteriori). E poi non c’è una vibrazione. Non fastidiosa, intendo: il motore romba senza infastidire e sussulta solo al minimo, da fermo. Poi tutto è come ovattato e rimane il piacere di guida. Il bicilindrico Thunder Stroke 111 è lo stesso della gamma Chief (
qui le versioni 2016): potente, ricco di coppia, con tanta schiena sin dai più bassi regimi e lineare nell’erogazione, grintoso quando serve, ma docile nella marcia disimpegnata. Un vero gioiellino che ha il solo difetto di scaldare parecchio, caratteristica comune a tutti i big-twin raffreddati ad aria.