Turismo: Sognando il Sahara… o no? No, andandoci in enduro, grazie a società che organizzano tutto
Destinazione Marocco
DESTINAZIONE MAROCCO Poveri quelli che non sono venuti, davvero. Poveri
quelli che hanno detto: “Non posso, devo lavorare” o “Non
posso, nasce
mio figlio” o magari “Non ho voglia, troppa polvere”. Questa
volta lo
si poteva fare, anzi si doveva. Mai come quest’anno un viaggio di otto
giorni è sembrato vicino, a portata di mano. Sarà che il ponte del 25 aprile
lo consentiva, o forse per il fatto che l’organizzazione è stata rapida
e impeccabile. Sedici amici, sedici moto e tutto l’Atlante da mettere
sotto le ruote. Cosa desiderare di più? La logistica Chi scrive, in Marocco
c’era già stato sette anni fa. Era stato molto bello, ma molto diverso.
In moto dall’Italia in tre, con i bagagli legati sulla sella e molta
voglia
di andare piano per godersi un viaggio di tre settimane. Ma questa volta
è tutta un’altra cosa: si parte in aereo e si trovano le moto già a
Midelt,
la cittadina dove iniziano le montagne e il divertimento. Le moto hanno
viaggiato via terra e nave, stipate su un incredibile carrello da quasi
9 metri al traino di un poderoso Defender che ci farà da auto d’appoggio.
D’altra parte bisogna ottimizzare i tempi: se l’obiettivo è quello
di
fare enduro in terra straniera, tutto quello che separa dalla prima manata
sul gas va ridotto all’osso. Bagaglio leggero (trasportato dai mezzi
d’appoggio)
e siamo già ad anni luce dalla monotonia della vita di città.
Il terreno
IL TERRENO Incredibile, il Marocco. Se la Tunisia è un parco giochi
di dunette bastarde e la Libia uno scatolone di sabbia da fare a fuoco
per migliaia di km, la terra dei Mori è sconcertante per la varietà dei
paesaggi. Piste di rocce e polvere che diventano mulattiere nel giro di
pochi chilometri; valli rigogliose che si tramutano in lande desolate;
guadi, piste veloci ma tortuose, sabbia. C’è veramente tutto, e si vede
il mondo cambiare mille volte nell’arco di una stessa giornata. E poi
i monti: uno non ci pensa, ma vedere la neve in Africa fa sempre un certo
effetto. La temperatura, a fine aprile, è quasi perfetta. Inizia a fare
piuttosto caldo, ma ci troviamo spesso ad altezze considerevoli e, quindi,
si vive bene con il giubbotto, magari smanicato. Pioggia quasi nulla, per
fortuna.
I Mezzi
I MEZZI “Ma a livello di moto?”, qualcuno chiederà. Tutto
bene, grazie.
Avevamo tre veicoli d’appoggio: oltre al Musi, che è
l’organizzatore,
c’erano Idris, ragazzo del posto su un lussuoso Toyota e Lorenzo, con
il suo L200 a farci da scopa ma pronto a mettersi di traverso non appena
il percorso lo consentiva. La benzina la trasportava lui, in un immenso
serbatoio aggiuntivo per permetterci di progettare il percorso non in base
all’autonomia delle moto, ma alla libidine enduristica. Infatti, quasi
nessuno era dotato di serbatoio maggiorato: le moto erano 250-450
monocilindriche
che si sono trovate a meraviglia in tutte le situazioni. C’è chi dice
che un percorso come il nostro lo si possa fare anche in sella ad una
bicilindrica,
con un po’ di mestiere. Forse è vero, ma io non lo consiglierei. Qui si
fa enduro vero e, spesso, anche di quello tosto. Per fortuna che, in totale,
abbiamo rotto solo un paio di cuscinetti e qualche foratura. Oltre a un
ginocchio, ma questa è un’altra storia.
Il ritmo
IL RITMO Ovviamente, ogni gruppo ha le sue dinamiche in termini di
andatura. I partecipanti a questa spedizione si conoscevano già tutti (tranne
due, iscritti dell’ultima ora) e avevano tutti la stessa voglia di dare
del gas senza complimenti. E quindi il ritmo è stato sempre piuttosto allegro.
Tanta roba… Ovviamente però (cosa sempre saggia in terre lontane) tenendo
presente quel minimo di prudenza che ti dà dei buoni consigli se a fianco
hai uno strapiombo di 500 metri o se la pista è lunga e dritta ma ha un
migliaio di pietre piantate lì apposta per farti saltare in aria o farti
forare. E poi non dimentichiamo che se ci sono da fare 200-250 km ogni
giorno la fatica, presto o tardi, comincia a farsi sentire. Allenamento?
Nooo…
Il gruppo
IL GRUPPO Non ce ne vogliano amiche, fidanzate e mogli. Ma una
settimana
tra uomini quando ci vuole, ci vuole. Discorsi seri? Pochi. Discorsi
inopportuni?
Tanti. Risate? Pazzesche. Mettetela come volete, ma il clima cameratesco
che si crea quando si ha una passione comune, uno scopo e del tempo da
trascorrere insieme è qualcosa di magico. Come dei bambini ai giardinetti
che non vogliono scendere dalla giostra, quel senso di entusiasmo ci ha
fatto compagnia per tutto il viaggio, e ancora se ci penso mi vengono i
brividi. E pazienza se in Marocco è difficile trovare una birra: non ce
n’era bisogno per chiacchierare fino a notte di moto, strade e storie.
La morale Non si può non tornarci. Non si può non farsi prendere dal mal
d’Africa. Non si può smettere di parlare del prossimo viaggio. Soprattutto
se le cose vanno così bene, l’organizzazione è impeccabile e si riesce
a quadrare il cerchio tra gli impegni di lavoro e la voglia di evadere.
Un Marocco così non l’avevamo mai visto.
Il road book
Il road book
Giorno 1 – Si atterra a Casablanca e minibus (7 ore) fino a
Midelt
(1.500 m di quota). I ragazzi scalpitano.
Giorno 2 – Si inizia subito bene: 160 km di pista bellissima con
diversi
passi tra i 2.200 e i 2.600 m, neve sulle montagne e prati fioriti intorno.
Di qui, anni fa, passava il Rally dell’Atlas. Dormiamo a Imilchil, in
un alberghetto dove la cordialità e la pulizia prevalgono sul lusso.
Giorno 3 – Giornata bellissima, ad anello, verso nord-ovest:
veloce,
lento, tortuoso. Incredibile, se ci penso mi vengono le lacrime. C’è anche
una saldatura improvvisata da fare in mezzo ai monti. Percorso ad anello
di circa 150 km, molto spesso sopra i 2.000 metri di quota, per poi tornare
a Imilchil.
Giorno 4 – Tanta strada: un primo passo a 2.900 metri per arrivare
alle famose gole di Dades (purtroppo asfaltate da poco). Pranzo in un
ristorantino
in zona Ait Alì, poi un altro passo a 2.200 m e si arriva nel deserto appena
scesi di quota. Sono 250 km di piste, poi 30 Km di asfalto e sistemazione
a Nekob in un albergo carino e semplice.
Giorno 5 – Ancora un tappone, nel profondo sud: quasi 300 km di pista,
pochissimo asfalto. Hotel pazzesco di fronte alle dune di Merzouga e scorribande
a tutto gas sulla sabbia fino al tramonto. Poi, massaggi nel centro
benessere…
Giorno 6 - Mattinata libera tra piscina, dune e massaggi. 200 km di
deserto e si arriva ad Alnif, per poi prendere una pista molto rotta
(meravigliosa)
dove le auto non possono seguirci; pernottamento a Boumalne Dades in un
altro albergo incredibile. Stiamo abituandoci bene al contrasto tra la
polvere del giorno e il lusso della sera.
Giorno 7 - Si torna in montagna. Da Tinerhir, un altro passo a 2.800
m (con pistoni da sesta piena, mamma mia!). 300 km, 40 di asfalto. Pernottamento
di nuovo ad Imilchil, circondati dal le montagne dell’Atlas a 2.200 metri
di quota. Ormai qui siamo di casa.
Giorno 8 – Si torna a Midelt passando a Tounfite su una carrera veloce
in fondovalle lungo il fiume (160 km), all’hotel che ha custodito il
carrello
portamoto. Carico delle moto e partenza in minibus per Marrakech. Strada
che definire noiosa è un eufemismo.
Giorno 9 – Marrakech: turismo e riposo, in un hotel a cinque stelle
con la piscina più grande che abbia mai visto. Regali per le fidanzate,
serata in un ristorante pazzesco, con danza del ventre, nouvelle cousine
e un ottimo vino marocchino. La polvere è ormai lontana. La mattina dopo,
giorno 10, un volo diretto e due lire ci riporta in Italia (170 euro a/r
circa). Grazie della compagnia, ragazzi.
La prossima volta ci torniamo con le bicilindriche?
Block Notes
MANGIARE/DORMIRE
Imilchil: Hotel Izlane, semplice e pulito. Tel. +212(0)23442806
Merzouga: Hotel Kasbah Tombouctou, di fronte alle dune. Tel +212(0)35577091
Nekob: Hotel Ennakhil, Strada per Alnif. Tel. +212(0)24839719
Boumalne Dades: Hotel Xaluca Dades, xaluca@xaluca.com
Marrakech: Hotel Ryad Mogador Agdal, a 10 minuti dalla medina. Tel
+212(0)24388100
Marrakech: Restaurant Jad Majal, rue Haroun Errachid, n°10. Tel. +212(0)24436984
Sahara Dream
Due metri di carne e muscoli, due mani grandi così e il cuore anche: è
Roberto Musi, il “signor Sahara Dream”, che va in
Africa da 22
anni e da 14 organizza e gestisce viaggi nel continente nero per gli
appassionati
del fuoristrada, sia a due sia a quattro ruote. Ma non fa solo quello:
nel deserto ci corre (vari Rally sotto le ruote, sia come concorrente in
auto che come assistenza), tanto che Sahara Dream è anche il corrispondente
in Italia del Libya Desert Challenge, una delle più belle gare per gli
amanti delle dune di sabbia. Il Musi, insomma, è uno che ci vive in Africa,
perché passa lì quasi metà dell’anno. I viaggi di Sahara Dream sono un
compromesso equilibrato tra lo spirito “pionieristico” di chi in
Africa
ci va da solo, e la comodità di chi vuole concentrarsi sulla guida e non
sulle problematiche logistiche. La battuta (o la bestemmia, se lo fate
arrabbiare…) sempre pronta, la chiave inglese a portata di mano e persino
una compagna di avventure, Cinzia, che lo segue ovunque. È anche un gran
manico, con qualsiasi mezzo: macchina, moto e camion. Prossimo viaggio?
Sicuramente in settembre o ottobre uno in Marocco come quello pubblicato
e poi, dal 29/11 al 6/12, 3/4 giorni di Tunisia per esperti, un vero allenamento
tra le dune più difficili d’Africa. Per il Capodanno ci sono diverse
proposte,
da valutare secondo il numero di adesioni: dal 20 dicembre si può partire
per 3 settimane in Egitto, altrettante per un mitico Italia-Dakar, 2 o
3 settimane in Libia oppure il giro della nuova Dakar in Argentina e Chile,
rimanendo lì a fine viaggio per vedere la partenza. Sahara Dream, Associazione
Sportiva Dilettantistica, via Saletto 74/4, 40010 Bentivoglio (BO), info:
tel. 335-8018383 anche satellitare, fax 051-6645086, sahara@saharadream.com
, www.saharadream.com.