di Fabio Meloni - 13 February 2024

Royal Enfield: “Nello sviluppo dell’Himalayan percorsi un milione di chilometri”

Abbiamo intervistato Paolo Brovedani, Chief of product development di Royal Enfield, che ci ha parlato dello sviluppo della nuova Himalayan, di alcune scelte tecniche, del perché non sono disponibili alcuni accessori…

Quando avete iniziato a lavorare sulla seconda generazione della Himalayan e con quali linee guida?

“Le prime idee risalgono al 2018. Il DNA, la filosofia e l’originalità dovevano essere allineate a quelle della prima, dato che ha avuto un ottimo successo”

Avete inseguito certi target di potenza e peso o è stato altro a orientare lo sviluppo? “L’obiettivo era di migliorare tutti gli aspetti della moto, senza rincorrere numeri speciali. Per esempio avremmo potuto far sì che fosse ben più leggera privandola di componenti quali le barre di protezione del serbatoio, il cavalletto centrale. Ma saremmo andati contro la sua filosofia e contro il posizionamento che vogliamo abbia nel mercato”.

Avete valutato nelle fasi iniziali di sviluppare o utilizzare un motore diverso, per esempio bicilindrico?

“No, siamo partiti con l’idea chiara di evolvere le caratteristiche del modello esistente”.

Dal primo prototipo, quanti chilometri ha percorso l’Himalayan prima di essere promossa alla produzione?

“Sommando tutte le varie fasi di sviluppo, un milione. Lo sforzo profuso per avere un prodotto di grande qualità è stato notevole”.

Alcune concorrenti dispongono del controllo di trazione. Avete valutato la possibilità di implementarlo e, se no, perché?

“Non abbiamo preso in considerazione di sviluppare un controllo di trazione. Secondo noi, con questa potenza non serve. Va detto anche che ogni scelta che riguarda la moto è stata attentamente ponderata sulla base delle esigenze dei clienti e non abbiamo avuto richieste in questo senso”.

Stupisce allora la mancanza tra gli accessori delle manopole riscaldabili, a nostro avviso indispensabili su una moto che nasce soprattutto per fare turismo.

“Attualmente, è vero, non sono disponibili. Non so bene quale sia stata la scelta strategica che ha portato a privilegiare lo sviluppo di altri accessori. Quello che so è che non c’è stata una grande richiesta in questo senso. Come vi dicevo, noi partiamo da delle ricerche di mercato per capire in quale direzione muoverci”.

La prima Himalayan è nata avendo in mente le esigenze dei motociclisti indiani, in particolare quelli che frequentano le zone di montagna. Immaginiamo che con questa la prospettiva sia cambiata.

“Decisamente. È pensata come prodotto globale, come tutte le ultime nate di Royal Enfield. Siamo ormai un’azienda strutturata in questo senso e che lavora in quest’ottica. Abbiamo stabilimenti in giro per tutto il mondo”.

Esiste un ambito specifico sul quale vi siete concentrati nel corso dello sviluppo?

“Tutto! Ma dovendo scegliere un solo tema tra i tanti direi la dinamica di guida. Ci siamo impegnati davvero molto per far sì che la moto fosse facile, alla portata di tutti”.

Perché bisogna essere fermi per cambiare la mappatura del motore?

“Perché ognuna delle due mappature può essere selezionata con ABS attivo o disattivo sulla ruota posteriore, per un totale di quattro modalità. Per ragioni di sicurezza abbiamo deciso di impedire che l’ABS potesse essere disattivato in movimento”.

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