di Aldo Ballerini - 26 February 2024

I segreti del motore Superquadro Mono di Ducati

Viaggio nel cuore del motore Superquadro Mono, nuova architettura Ducati ma in pieno stile racing, come da tradizione. Nasce infatti da una superbike e batte tutti i record, di potenza e di tecnologia. Ecco com’è fatto e quali sono le caratteristiche che lo distinguono, con gli immancabili dettagli innovativi, obbligatori sui motori ad alte prestazioni che nascono a Borgo Panigale

Derivato dalle superbike

Il Superquadro Mono, il propulsore della Hypermotard 698, è un monocilindrico ad alte prestazioni, che concentra numerose soluzioni della più raffinata tecnologia derivata dalle superbike, a partire da quelle del Superquadro da 1.285 cc della Panigale 1299, massima espressione del bicilindrico stradale Ducati. Proprio da questo arriva infatti il cilindro (l’anteriore), con la stessa misura di alesaggio (116 mm, record per un monocilindrico di serie) e con una corsa leggermente aumentata (62,4 mm al posto di 60,8 mm), valori che determinano il rapporto di 1,86, il più spinto tra i monocilindrici stradali.

Con questa modifica crescono la cilindrata, che passa a 659 cc, e il rapporto di compressione (da 12,8:1 a 13:1), poiché la camera di scoppio resta invariata. Mantiene anche le valvole di aspirazione in titanio e quelle di scarico in acciaio, controllate da un sistema desmodromico azionato dalla catena posta sul lato sinistro. L’alimentazione è affidata a un singolo corpo farfallato di sezione ovale, dal diametro equivalente di 62 mm, con iniettore sottofarfalla controllato da un sistema ride-by-wire con tre Power Mode: High, Medium, Low. La potenza massima all’albero è di 77,5 CV a 9.750 giri/min, la coppia di 63 Nm a 8.000 giri/min. Il limitatore interviene ancora più in alto, a 10.250 giri/min (in prima il taglio è a 10.000 giri/min), questo per offrire una buona fascia di allungo per poter risparmiare un’eventuale cambiata nella guida più intensa. Il Superquadro Mono è il monocilindrico di serie più potente, ma il progetto è centrato per ottimizzare in particolare l’erogazione nella fascia media, quella che va dai bassi fino al picco di coppia, e per questo sono state eseguite alcune modifiche alla distribuzione e all’alimentazione.

È possibile configurarlo nella versione racing (non più Euro 5), installando lo scarico dedicato Termignoni che abbinato a un filtro specifico permette di raggiungere ben 84,5 CV a 9.500 giri/min e offrire un incremento di coppia a tutti i regimi. È disponibile anche in versione depotenziata per la guida con patente A2.

La tecnologia oltre le prestazioni

Il Superquadro Mono ha il pistone di origine racing, con schema di rinforzo “box in box” (lo stesso usato nella Panigale V4 R). Questa soluzione, che aumenta la robustezza contro le forze di pressione e di inerzia, distingue il fondello, che è rafforzato da due nervature principali disposte nella direzione della spinta (e antispinta), più altre due ulteriori nervature, più sottili, in direzione trasversale. Abbonda il riporto superficiale Diamond Like Carbon (DLC) che riduce l’attrito e aumenta la resistenza alla fatica: lo troviamo nel mantello del pistone, nello spinotto, e nei bilancieri del sistema desmodromico. I carter integrano la camicia del liquido di raffreddamento attorno alla canna del cilindro: realizzata in alluminio, anziché in acciaio, ha le pareti sottili (come sulla 1299 Superleggera), e permette di favorire il raffreddamento e risparmiare peso. In più rende possibile fissare la testa direttamente sul carter, ottenendo un motore molto più compatto a parità di rigidezza.

Sempre per ridurre il peso, a fianco di un’elevata resistenza meccanica, i coperchi della frizione, dell’alternatore e della testa sono realizzati per fusione in lega di magnesio. Interessante il sistema di manovellismo. L’albero motore è asimmetrico, montato su bronzine di banco differenziate per contenere il peso, e il bilanciamento è affidato a una coppia di contralberi situati uno sulla parte anteriore e uno in quella posteriore. Montati su cuscinetti a sfere, sono comandati direttamente con ingranaggi, e il compito principale è quello di equilibrare completamente le forze di inerzia del primo ordine così da permettere al Superquadro Mono di raggiungere regimi molto elevati con un’intensità delle vibrazioni comparabile a quella di un bicilindrico a V di 90°. Oltre a questo azionano le pompe dell’acqua e dell’olio e la linea di trasmissione dell’avviamento.

Altrettanto rilievo spetta al sistema di lubrificazione e di gestione delle pressioni nel carter. La lubrificazione è affidata a due pompe a lobi, una di mandata, per l’effettivo servizio al motore, e una di recupero. Quest’ultima, situata nella zona dell’imbiellaggio, oltre a estrarre efficacemente l’olio nei vani laterali dei coperchi dell’alternatore e della frizione per ridurre le perdite di attrito degli organi in movimento, che così girano liberi dal lubrificante, assieme al lavoro di una valvola posta nel circuito pone in depressione il vano imbiellaggio (come avviene nei motori da competizione). Questo effetto riduce la resistenza degli organi in movimento e assicura un più efficace recupero dell’olio in qualsiasi condizione di utilizzo.

Il cambio a sei rapporti ha una scalatura racing, derivata dall’esperienza maturata con la Panigale V4, con la prima lunga adatta alle curve lente, per favorire la scorrevolezza e limitare i cambi di rapporto. Può essere dotato del sistema elettronico DQS (Ducati Quick Shift), bidirezionale, azionato da un sensore magnetico a effetto Hall, più preciso e affidabile della classica cella di carico, ed è abbinato a una frizione in bagno d’olio ad asservimento progressivo, con comando idraulico che limita il carico richiesto sulla leva. È studiata per favorire la massima modulabilità allo stacco e la precisione nella gestione del freno motore, in modo da agevolare la classica derapata in ingresso di curva. Notevole, infine, notare che questo motore a così elevate prestazioni ha intervalli di servizio molto ampi; quello per il gioco valvole è indicato a 30.000 chilometri.

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