di Aldo Ballerini - 28 February 2024

Ducati: “Per la nuova Hypermotard avevamo pensato a un bicilindrico parallelo…”

Abbiamo intervistato Stefano Fantoni, Direttore Tecnico Motore Ducati, che ci ha parlato del nuovo Superquadro Mono, della curiosa nascita di questo propulsore, delle scelte tecniche che ci stanno dietro, di possibili declinazioni future…

Per oltre dodici anni, fino al 2012 l’ingegner Fantoni ha lavorato in Ducati Corse, per poi passare al reparto R&D di produzione dove ha sviluppando i bicilindrici, dal 1200 fino al 1299, e tutta l’era del V4. Lo sviluppo del Superquadro Mono parte proprio dal Superquadro 1299, che l’ingegnere conosce quindi a fondo. È un motore che ci sorprende, sia perché gli ultimi monocilindrici Ducati di grande serie risalgono alla metà degli anni Settanta, sia per le prestazioni e la tecnica, di altissimo livello.

Ingegner Fantoni: com’è nata questa nuova idea?

“Il progetto del Superquadro Mono ha una storia simpatica da raccontare. Circa quattro anni fa Claudio Domenicali [Amministratore Delegato di Ducati - N.d.R.] ci chiese alcune proposte di mezzi più compatti, leggeri, divertenti, con l’obiettivo di ingaggiare un certo tipo di pubblico, più giovane, o che comunque vedesse nella moto uno svago, un divertimento. Ogni gruppo di lavoro stava pensando quindi a queste idee e noi motoristi, sempre restando nel tema del bicilindrico, stavamo ragionando su come rendere questo motore più leggero, più compatto, pensando anche a una riduzione della cilindrata. In questo lavoro abbiamo anche osservato con attenzione tutti i bicilindrici paralleli che oggi hanno invaso il mercato, che hanno indubbi vantaggi in tema di layout essendo più leggeri e compatti di natura rispetto al bicilindrico a V. Un giorno, durante questi ragionamenti, un tecnico della mia area ha messo sul tavolo una proposta che subito ci è parsa fuori dagli schemi: ‘Perché non facciamo un monocilindrico partendo dal motore della 1299 Panigale?’. Questa idea all’inizio ci aveva spiazzato, ma aveva colto nel segno, tanto che è bastato un rapido ragionamento per convincerci in pieno. Avevamo un 1299 estremo, un motore superbike molto performante, con un alesaggio incredibile, sarebbe stata una base straordinaria. A noi tecnici l’idea di un monocilindrico realizzato con elementi di alta tecnologia è piaciuta subito e ci è parsa naturale, perché Ducati ha sempre messo in produzione modelli legati al mondo delle competizioni, basta pensare alla storia dei bicilindrici e all’ultimo esempio del V4, che nasce dalla MotoGP poi declinato in più applicazioni. Eravamo quindi sicuri che riducendo il 1299 a monocilindrico sarebbe nato qualcosa di affascinante e siamo partiti su quella strada. Ma quello è stato solo il primo passo, occorrevano le approvazioni del marketing e di Domenicali. Tutto è andato velocemente a buon fine e così, dopo qualche mese, è iniziata la progettazione”.

Il V4 nasce per la Panigale ma è stato perfettamente adattato alla Multistrada. Oggi che si apprezzano anche le enduro stradali più compatte e leggere il Superquadro Mono potrebbe essere utilizzato per questa applicazione?

“All’EICMA la Hypermotard 698 Mono ha suscitato molto interesse, questo ci fa piacere e al momento siamo concentrati su questa applicazione. Pensando a un altro modello posso immaginare il Superquadro Mono su una stradale leggera, divertente. Un’enduro leggera è un’idea che è venuta in mente a molti, ma il taglio di questo motore è strettamente stradale, e per una questione di erogazione non lo vedo su una moto del genere. Apportando alcune modifiche l’abbiamo bilanciato tra potenza di picco ed erogazione ai medi, in modo da renderlo divertente su strada e anche in pista, in stile supermotard, ma per equipaggiare al meglio una enduro dovrebbe essere diverso, con una corsa maggiore e girare più basso”.

Che modifiche sono state fatte per mettere a punto il motore per la nuova destinazione motard?

“Il gruppo termico, camere di scoppio comprese, è lo stesso della 1299, ma abbiamo rivisto il profilo delle camme di aspirazione e di scarico, con un angolo di apertura più corto. Inoltre ci sono un corpo farfallato più piccolo, con diametro equivalente di 62 mm, contro i 67,5 mm della 1299, un cornetto di aspirazione più lungo ed è stato ridisegnato l’impianto di scarico“.

Il confronto con la Supermono è inevitabile. Su quella sportiva è stato utilizzato il cilindro orizzontale, con i limiti che impone al progetto della ciclistica. Da allora, in generale, non solo per Ducati, c’è stato un deciso cambio progettuale, cioè si fanno moto sempre più “corte” e quindi serviva un motore diverso?

“La Supermono è nata 30 anni fa come moto da corsa e non posso spiegare le scelte tecniche di allora. Ma le linee di base sono molto simili, il motore deriva da quello delle superbike e c’è il sistema a bielletta per ridurre le forze del prim’ordine, che su un motore destinato a girare alto darebbero origine a vibrazioni troppo elevate. Il Superquadro Mono arriva sempre dalla superbike e per ridurre le vibrazioni c’è un sistema a due contralberi. Per il resto del progetto abbiamo avuto carta bianca, e così abbiamo scelto di posizionare il cilindro in verticale, inclinandolo leggermente in avanti di 10°, e concentrato tutto attorno ad esso per avere un motore il più compatto possibile. Questo perché per quanto riguarda la ciclistica da anni andiamo nella direzione di mezzi dal passo corto per migliorare l’agilità. Per di più in questo caso, visto che si tratta di una motard, il progetto ha come obiettivo principale l’agilità, visto che la velocità massima non è oltre i 200 km/h. È un’applicazione diversa da quella del Supermono”.

Oltre al record di potenza il Superquadro Mono ha anche un regime massimo di rotazione altissimo, con il limitatore a 10.250 giri/min. Per arrivare a questo limite è indispensabile il sistema desmodromico?

“Con un alesaggio di 116 mm è stato possibile montare valvole di grosso diametro, quelle di aspirazione sono di 46,8 mm, e anche se sono in titanio la massa è importante e per azionarle a quei regimi e seguire leggi di alzata importanti occorre il sistema desmodromico. È vero che esistono motori con la distribuzione a molle che girano più in alto, ma con alesaggi inferiori, quindi valvole più piccole”.

Un monocilindrico così spinto ha forti oscillazioni di coppia, in particolare dove intervengono quelle più critiche, nel carter?

“Più il motore è frazionato e più è contenuta la distanza tra il massimo e il minimo della coppia, quindi l’andamento nel tempo si avvicina alla media. Nel monocilindrico la situazione è invece al massimo dell’irregolarità, con una forte erogazione di coppia nella fase di scoppio e minima, che può anche essere negativa, nel resto del ciclo. Queste oscillazioni sollecitano fortemente tutti i componenti, certamente il carter, che deve essere dimensionato in modo opportuno, ma in particolare la trasmissione, quindi la frizione e il cambio. Queste oscillazioni sollecitano anche il sistema dell’avviamento, in particolare nei casi di kickback, e per questo abbiamo inserito una piccola frizione che disaccoppiando l’albero del motorino di avviamento con l’albero motore evita danneggiamenti”.

Come è realizzato il manovellismo asimmetrico?

“Tutto parte dall’obiettivo di mantenere il design compatto, mantenendo il possibile i componenti del 1299. Il progetto è partito con la catena del comando della distribuzione sul lato del volano e le ruote di comando dei contralberi nel vano dell’imbiellaggio, per limitare la trasmissione di rumore meccanico all’esterno, che in questo modo non è attutito semplicemente dai coperchi. Il rumore che si misura per rientrare nei limiti stabiliti dalle norme deriva da tre fonti principali, scarico, aspirazione e motore, e più si limita il rumore del motore, più margine si ha nella definizione di quelli dello scarico e dell’aspirazione, che oltre ad assicurare maggiori prestazioni sono anche gradevoli al pilota. Il rumore degli ingranaggi, invece, non è mai gradevole, perché se l’accoppiamento ha gioco si genera rumore di sbattimento, se è stretto fischia. Con questa scelta è stato possibile realizzare un albero motore asimmetrico, con la biella vicina al lato della frizione, dove c’è un supporto di banco più grande. Dall’altro lato, prima del supporto, ci sono gli ingranaggi che azionano i contralberi e infine si esce verso il volano”.

La scelta di due contralberi è dovuta sempre a una ricerca di compattezza o per altri motivi?

“Per eliminare le forze del prim’ordine è sufficiente un solo contralbero, che ovviamente deve avere dimensioni opportune. I due contralberi che abbiamo utilizzato sono più piccoli e per questo è stato possibile posizionarli vicini all’albero motore, così si guadagna in compattezza. Ma c’è anche un ulteriore motivo. Con un singolo albero si crea un momento che varia con il moto degli organi in movimento. In modo intuitivo si può dire che fotografando il motore in un istante della corsa del pistone si ha da una parte la forza generata dal sistema biella e pistone, e un’altra, uguale e in senso opposto poiché deve annullarla, generata dal contralbero. I due assi di rotazione sono distanti e si genera così una coppia che, con il tempo, è oscillante e genera un momento, chiamiamolo parassita, che si ripercuote in un pur leggero beccheggio del veicolo. I due contralberi, che sono in posizione simmetrica rispetto all’albero motore, generano invece due forze di smorzamento che si sommano proprio nella posizione dell’albero motore e così, oltre ad annullare la forza del prim’ordine, non generano il momento parassita”.

A proposito di masse in rotazione, oltre all’equilibratura occorre anche definire il contributo della massa complessiva in rotazione. Se è maggiore regolarizza il funzionamento del motore, ma ne rallenta la risposta nelle variazioni di regime. Come è stata scelta nel Superquadro Mono?

“Un massa volanica maggiore limita le oscillazioni di coppia di cui si è parlato in precedenza, e si usa quindi per regolarizzare la velocità dell’albero motore. Questo effetto si avverte di più ai bassi regimi, poiché in alto le pulsazioni sono molto più vicine e va a scomparire. Poi ci sono altri due fattori. Il volano ha un effetto sulla guida quando il pilota richiedere una variazione di velocità, perché può far sentire il motore più o meno pronto, e anche sulla dinamica perché più la massa in rotazione è grande e più è importante l’effetto giroscopico. Nell’evoluzione del Superquadro Mono abbiamo provato più masse volaniche e abbiamo richiesto un riscontro ai collaudatori. Alla fine dei test ci siamo orientati sulla massa volanica più leggera possibile che allo stesso tempo regolarizzasse il funzionamento ai bassi, anche nell’ottica della ricerca della leggerezza”.

Concludiamo con una domanda di cuore: si riconosce che è un motore Ducati?

“Direi proprio di sì. Si vede anche solo a guardarlo che è un motore Ducati, perché ha tanti elementi del 1299 e altri di stretta derivazione. Poi c’è il suono. La prima volta che l’abbiamo messo sul banco nella prova che chiamiamo ‘simulazione ciclo Monza’ sentivo che girava tanto, come andava in alto, e poi il suono delle scalate. E mi son detto, eh sì, è un vero motore Ducati!”

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