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di Giorgio Sala
13 November 2018

Petrucci: "Dovevo battere Lorenzo per entrare in Ducati"

In lotta per il titolo di miglior pilota satellite, Danilo Petrucci si racconta in un'intervista esclusiva a Motociclismo. L'avventura in Ducati, la sua carriera, Lorenzo e Dovizioso, l'arrivo di Bagnaia in Pramac, la gara di Phillip Island e i caschi Nolan da MotoGP sono alcuni degli argomenti discussi con Petrux
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Danilo, innanzitutto, complimenti per la stagione 2018, che però non è ancora finita: ti ritieni soddisfatto?
È stata molto positiva, ho raggiunto l’obbiettivo principale, ossia quello di trovare posto in un team ufficiale. A inizio anno mi ero posto altri due obiettivi: essere nella Top 5 del Mondiale e diventare il miglior pilota satellite, attualmente sto ancora lottando per centrare i due risultati. Purtroppo nelle ultime due gare non sono stato veloce come Crutchlow o Zarco, però c’è ancora una gara e Valencia è una pista che mi piace. Su quel tracciato ho sempre cercato di fare bene, ma finire nei primi cinque vuol dire lottare contro le moto dei team ufficiali: le Suzuki stanno andando fortissimo! Comunque generalmente sono contento, ho fatto molto più punti dell’anno scorso.

Più punti, ma anche meno podi rispetto alla scorsa stagione. Non è un risultato un po’ amaro?
C’è da dire che lo scorso anno, in un paio di occasioni, mi è andata bene; quest’anno, invece, sono stato più sfortunato. Però le gare sono fatte così, la scorsa stagione la sorte mi ha dato una mano e invece nel 2018 mi ha tolto qualcosa. Comunque sì, sembra di aver fatto di meno, ma conti alla mano i risultati sono migliori, quindi mi ritengo assolutamente soddisfatto.

Dopo la gara di Valencia salterai finalmente in sella alla Ducati ufficiale! Come ti senti?
Uno dei miei tanti sogni finalmente si realizza: correre per il team Ducati era un mio desiderio sin da bambino! Io da fuoristradista non ho fatto la solita trafila per arrivare in MotoGP, quando ho fatto il passaggio dal tassello all’asfalto la prima moto da pista che ho utilizzato è stata proprio una Ducati. In quella scelta sono stato un po’ influenzato da mio zio, che è Ducatista. Si tratta della miglior casa italiana nel mondo delle corse e sono felicissimo di farne parte e poterla rappresentare.

Si tratta del coronamento di un percorso davvero lungo: prima lottavi nelle retrovie con il Team Ioda, adesso guidi una moto capace di lottare per il Mondiale MotoGP
Sono partito con una moto da fondo dello schieramento, adesso mi ritrovo con un mezzo che invece è sempre in prima o seconda fila. È stato un percorso davvero molto difficile, sì, da fuori magari non sembra. Però sono davvero convinto che il duro lavoro ripaghi sempre. Questo comunque non è un traguardo, ma un nuovo punto di partenza per me e per la mia carriera.

Tu comunque eri già su una Ducati ufficiale, ma gestita dal team Pramac. C’è tanta differenza da una moto ufficiale di un team privato, come quella che guidi tu ora, rispetto a quella gestita del team factory?
C’è una grossa differenza tra avere la moto nel team ufficiale o avere la moto ufficiale in un team satellite. Il Team Pramac è il migliore tra i team indipendenti, ma la forza che ha un team ufficiale è di un altro livello. Noi spesso siamo aiutati direttamente da Ducati, anzi, alcuni tecnici lavorano a Borgo Panigale; in una squadra “factory” però è chiaro che ci sono molte più persone che lavorano per te. La moto è comunque sempre a posto, almeno spero che la moto del Ducati Team mi permetta di fare quello step in più che mi manca per essere tra i piloti di testa.
Bautista per esempio è andato fortissimo con la moto ufficiale in Australia.
Sì è andato molto forte Alvaro, c’è da dire che sta andando forte già di suo. Tecnicamente parlando non c’è un abisso tra la moto dell’anno scorso che usa Bautista e la GP18: la differenza più grossa la fa sempre il pilota. Dopo la gara di Phillip Island ho parlato con lui e mi ha detto che la moto è decisamente migliore rispetto a quella dei team satelliti. Anche se fosse di pochi millesimi, è sempre un miglioramento importante.

La gara di Phillip Island comunque è stata particolare.
Il GP d’Australia è sempre un appuntamento particolare. Eravamo forti anche noi, ma purtroppo ho avuto un problema alla frizione, alla seconda curva, che mi ha portato a bloccare la ruota dietro. È stato un vero peccato.

Nel Team Pramac sei sempre stato tu il pilota di maggior esperienza, ora ti affiancherai al Dovi e farai la seconda guida. Pensi che questa cosa ti influenzerà nel modo di lavorare?
Da Dovizioso ho solo da imparare, negli ultimi due anni ha dimostrato il suo vero valore. Soprattutto lui è una bravissima persona e quando gli è stato possibile mi ha sempre aiutato, non mi ha mai voltato le spalle e per questo sono davvero contento di entrare in squadra con lui. Spero di ripagargli il favore che mi ha fatto, ma soprattutto di creare insieme una buona squadra e una buona moto. L’obiettivo è quello di essere i più veloci di tutti.

Il fatto di salire in sella alla moto che fino a ora è stata di Lorenzo ti mette pressione oppure cerchi di non pensarci?
Con Lorenzo ero già in rivalità: si sapeva che comunque avrei dovuto battere almeno uno dei due piloti ufficiali per guadagnarmi un posto nel team, fortunatamente ci sono riuscito nella prima parte di stagione, prima che lui iniziasse a vincere. Jorge ha trovato una grande motivazione e velocità, è stato fortissimo nella parte centrale del 2018 mentre è stato sfortunato nelle ultime gare. Sta di fatto che lui è la prova che i Mondiali non si vincono per caso.

Nel 2019 Bagnaia prenderà il tuo posto nel Team Pramac, pensi che la Desmosedici sia difficile da capire per un rookie rispetto alle altre, come per esempio la Yamaha?
Penso proprio di no, Pecco è molto veloce e bravo, ha dimostrato quest’anno di saper andare molto forte e vincere in tutte le condizioni. Poi la Desmosedici, quella scorbutica e difficile, è roba di qualche anno fa: adesso è molto più docile e gestibile, penso che non avrà troppi problemi.
Parlando del tuo rapporto con Nolan, da quanto corri con i loro caschi?
Sono diventato pilota Nolan quando ho iniziato ad andare forte in MotoGP, ossia nel 2014, quando mi ha preso il Team Pramac. Chiesi una mano ad Alberto Vergani, lui mi disse “sì sei un bravo ragazzo, ti voglio aiutare” e da lì ho provato il casco. Un casco del gruppo Nolan però l’avevo usato anche precedentemente, nel 2010 quando ho corso in Superstock. Da quando sono con Ducati in MotoGP sono con Nolan, e mi sono sempre trovato bene. A livello di assistenza e di qualità costruttiva dei caschi penso che siano i migliori del mondo, non abbiamo mai avuto problemi di appannamento che invece altri hanno avuto. E, facendo un gesto scaramantico, non si è mai rotto niente e quindi sono molto contento. Ci sono tante motivazioni soprattutto economiche per cambiare azienda, ma poi molti si scordano che nel casco devi mettercela tu la testa, e quindi io prima guardo sempre alla qualità. Ci sono aziende di altri continenti che mi hanno offerto molti più soldi, ma non le ho mai prese in considerazione perché mi sono sempre fidato del prodotto italiano fatto in Italia.

Cosa cambia tra il tuo X-Lite X-803 e quello che qualsiasi persona può comprare in negozio?
Innanzitutto quello offerto al pubblico è più leggero del casco che uso io, il nostro è rinforzato. I tecnici Nolan vogliono sempre il massimo della sicurezza, a discapito del peso ci sono delle parti rinforzate, per esempio dove ci sono le prese d’aria. Direi che il casco da MotoGP è più del 90% uguale a quello stradale. Noi all’interno usiamo la visiera pinlock che viene fornita in dotazione, poi abbiamo anche gli strappi sulla visiera. L’aerodinamica cambia un po’, abbiamo messo un’appendice aerodinamica sul posteriore che lo fa sembrare più grande ma fornisce tantissima stabilità sul rettilineo. L’unica richiesta specifica che ho è quella di più parti assorbenti per il sudore, perché io sudo parecchio, e quindi voglio sempre avere la testa asciutta. Poi come ho detto prima, il resto non cambia dal mio casco, nemmeno la calotta.
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