Motociclismo

Motociclismo / aprile 2022 146 test YAMAHA TMAX TECHMAX Da oltre vent’anni sulla cresta dell’onda, l’icona dei maxiscooter continua a tenersi al passo con aggiornamenti frequenti e mirati. Siamo all’ottava generazione: cambia il look, migliora la tecnologia di bordo e fa un passo avanti la praticità. Qualcosa di migliorabile c’è ma il contesto, oggi come ieri, è quello di un prodotto eccezionale Il fenomeno di Fabio Meloni Quando il TMAX è arrivato per la prima volta nei concessionari Yamaha, le Torri Gemelle erano in piedi ed era da poco scattato l’obbligo (anche) per i maggiorenni di indossare il casco sui ciclomotori. I prezzi erano scritti in lire con l’equivalente in euro tra parentesi e i selfie si facevano appoggiando la Kodak a un muretto. Si tratta, da qualunque prospettiva lo si guardi, di un sacco di tempo fa. Un sacco. I nostri volti sono cambiati e mettere il top delle supersportive Ducati di allora (la 996 R, protagonista della copertina di Motociclismo 04/2001) di fianco a quella attuale (la Panigale V4 R) rivela una differenza di stile, numeri e tecnologia pazzesca. Nel fiume in piena che ben rappresenta la velocità e la travolgente forza trasformatrice del tempo che avanza, la storia del maxiscooter di Iwata appare come una di quelle zone periferiche del corso d’acqua dove il flusso è quieto e avanza pigramente, indifferente al resto. Durante questi ventuno anni modelli storici sono scomparsi e altri sono tornati, abbiamo visto nascere i social e cambiare la società e la socialità. Ci sono state conquiste scientifiche, la Cina è diventata baricentrica nell’economia mondiale e abbiamo affrontato una pandemia. Il TMAX? È sempre rimasto il TMAX. Naturalmente si è tenuto al passo coi tempi - quella di cui parliamo in questo articolo è l’ottava generazione. Ma le sue caratteristiche principali sono, oggi, le medesime che alla nascita lo resero un instant classic. La sagoma slanciata e atletica con doppio faro anteriore e vista laterale contraddistinta da un lungo pannello a forma di boomerang. Il motore fissato rigidamente al telaio (fu il primo) a vantaggio della guida. Il sound profondo e gratificante dovuto (anche) alla frequenza regolare degli scoppi del bicilindrico parallelo, dotato ovvero di perni di manovella sfalsati di 360°. Le prestazioni ottime. La ciclistica a punto. L’impareggiabile rapporto tra piacere di guida e praticità. La misura della singolarità di un’evoluzione di cui è protagonista un mezzo che cambia rimanendo sé stesso si percepisce osservando a pagina 140 e 141 le varie versioni una accanto all’altra. Sono presenti sul mercato alcuni modelli che hanno una storia altrettanto e più lunga. Quanti di loro mostrano una tale coerenza al passare degli anni e una connessione tanto forte persino tra estremi separati da due decenni di progresso? Alla base di questa ammirevole anomalia ci sono alcune ragioni. La prima è un progetto guidato da una visione innovativa dotato già alla nascita di contenuti convincenti. Quando è arrivato, il TMAX ha fatto ben altro di migliorare qualcosa di esistente: ha creato una nuova idea di veicolo. L’attimo prima lo scooter era comodo e pratico, quello successivo era (anche) performante e “stiloso”. Il successo immediato e fuori scala ha radicato a Iwata la convinzione di avere tra le mani un vero e proprio fenomeno. E, conseguentemente, imposto la massima attenzione nella scelta della direzione dello sviluppo. Altrettanto importante è stata l’avvedutezza mostrata dalla Casa nel prendere decisioni in varie fasi cruciali della vita del TMAX. Facile, oggi, guardare indietro e dire: ha fatto bene, Ya-

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