Salire in sella a una moto di preproduzione è sempre una bella emozione. Sai di essere al penultimo stadio di un qualcosa sul quale hanno lavorato decine di persone per mesi, spesso per anni e in cui non tutto probabilmente sarà già messo a punto alla perfezione. Il nostro breve test in Minnesota ci ha permesso però di toccare con mano di che pasta è fatta una delle moto più nuove e interessanti del 2019, la
Indian FTR 1200. Prendete un motore Scout, preparatelo per avere più cattiveria, ora mettetelo in una ciclistica “svelta” e compatta, aggiungete il sapore di una moto da flat track e avrete per le mani un qualcosa che, oggi, sul mercato non esiste. Già,
fin dai primi metri ti rendi conto di guidare una moto diversa da quello a cui siamo abituati: non è una Monster americana, non è nemmeno una Scrambler made in USA e tantomeno una NineT a stelle e strisce. Ha un modo di essere del tutto personale e questo, in un mondo a due ruote che sta diventando davvero troppo omologato, è un gran bel biglietto da visita. Ci piace questo suo essere diversa e quindi le perdoniamo alcuni difetti di gioventù sui quali negli ultimi mesi prima della messa in produzione gli uomini Indian stanno lavorando alacremente.
Ma andiamo con ordine e cerchiamo di spiegare come si guida. L’impostazione è sportiveggiante, con il manubrio piuttosto basso ma non troppo distante dalla sella e le pedane ben arretrate. Il motore ha un bellissimo sound con gli Akrapovic optional, mentre di serie rapisce meno, è molto educato. Buona la frizione, non morbidissima ma modulabile, mentre il motore tradisce fin da subito la sua estrazione cruiser: sebbene siano state ridotte le masse volaniche, resta un propulsore con una discreta inerzia, e questo ha un risvolto positivo e uno negativo: da un lato aiuta a regolarizzare l’erogazione fin da regimi bassissimi, dall’altro spiazza chi guida, perché non te lo aspetteresti su una moto con questa impostazione sportiva.