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BMW, col 1300 si perde l'identità della GS?

Un lettore ci scrive per chiederci se secondo noi la nuova BMW R1300 GS, con tutte le innovazioni introdotte, ha perso o no parte della sua identità che da sempre la ha contraddistinta

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BMW R 1300 GS 2024 nella versione GS Trophy 

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Caro direttore, appare evidente lo sforzo titanico e i conseguenti notevoli risultati prestazionali conseguiti da BMW per reinventare l’iconica GS con la nuova 1300, indiscutibilmente un acronimo radice e simbolo del segmento moto cui appartiene. Eppure, ammirando nemmeno da lontano tale perfezione, si ha l’impressione che sia avvenuta una certa omologazione. La scomparsa dell’evidenza dell’angoloso telaio (appositamente verniciato a contrasto) che incastonava il boxer dando slancio alle linee acute delle sovrastrutture si accompagna alla fine dell’inconfondibile strabismo dei fari anteriori. Due marchi originari del mito che si fatica a credere sacrificati per il dimagramento del peso in termini assoluti. In fondo è ben raro che le cose più belle e ambite non facciano in qualche modo soffrire, così è stata la GS sin dagli albori. Grande, pesante, eppure era la GS che ha fatto anche di queste peculiarità la sua proverbiale unicità. Una delle caratteristiche tipiche di BMW moto è stata proprio quella di conservare l’originarietà dei modelli pur rivoluzionando, il caso del passaggio dal motore della GS 1150 al modello 1200 del 2005 è esemplare, in alcuni casi però ciò si è perso. L’eleganza sontuosa ma al tempo stesso pulita dei boxer della serie R degli anni ‘90 è finita quasi “giapponesizzata” a detrazione della personalità e, mi pare, delle vendite. Insomma, questa GS compattata, superdotata e “radarizzata”, in grado di accucciarsi alla salita del pilota, con un motore strepitoso e un cambio sotto di esso sarà ancora “lei” con tutto ciò che ne consegue? Forse è questa la domanda che si pongono i suoi ideatori rivoluzionari? Cosa ne pensa Motociclismo? Un abbraccio alla redazione.

Gianfranco Pugni, Milano

Caro Gianfranco, i giapponesi non hanno questo “problema”, perché hanno sempre realizzato motori e telai di qualsiasi genere, per cui non hanno una clientela affezionata a determinate soluzioni tecniche. Invece ci sono Case occidentali che hanno legato il loro nome a precise identità: Moto Guzzi lo ha fatto, fin dagli anni Sessanta, al V2 trasversale e al cardano. Ducati con bicilindrici a L, distribuzione desmodromica e telaio a traliccio, mentre BMW lo ha fatto con boxer e cardano, ecc. Ma le Ducati sono inconfondibilmente Ducati anche adesso, che sono stati sdoganati il V4 e le nuove ciclistiche. Moto Guzzi in passato ha realizzato di tutto, compresi motori a otto cilindri. BMW era già stata accusata di avere perso l’anima quando aveva cambiato, sulla R 1200 GS, il sistema di raffreddamento e il tipo di frizione. Salvo poi venire osannata dalla stessa gente che, all’inizio, aveva storto il naso. Ti segnaliamo, però, che non si può affermare che la GS abbia perso nelle vendite rispetto agli anni 90: in quel periodo immatricolava meno di 1.000 esemplari all’anno ed era ben lontana dalla testa della classifica. La scalata inizia nei primi anni 2000 ed è coronata dalla vetta nel 2008, con circa 7.000 pezzi. Vetta dove è rimasta ininterrottamente fino al 2019 (e dove starebbe anche oggi, se sommassimo standard e Adventure). È sempre rimasta sulla cresta dell’onda e, secondo noi, uno dei motivi è stata proprio la sua capacità di adattarsi ed evolversi, senza snaturarsi. Di fatto, è l’unica maxienduro che non è mai uscita dal listino ed è stata lei a suonare la musica alla quale le concorrenti hanno dovuto adeguarsi. Di una cosa, poi, siamo certi: non si può decidere che una moto abbia perso l’anima senza averla provata prima.

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