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Melandri: "Felice di Yamaha, ma ero ad un passo dal MotoAmerica"

Dopo due stagioni in Ducati Marco Melandri passa nel Team Yamaha GRT, ma fino a una settimana prima il pilota era pronto per il MotoAmerica. Il ravennate spiega perchè non avrebbe mai corso nel BSB e parla della Panigale V4 R
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È stata una stagione difficile per te e la Panigale, soprattutto per quanto riguarda il regolamento
Sì, il regolamento ci ha penalizzati molto. Il bicilindrico attuale non ha più tutta quella coppia ai bassi come una volta, avevamo i cavalli dei 4 cilindri ma senza 800 giri motore è stato difficile… ci hanno davvero penalizzati. Nelle gare dove i rapporti del cambio erano abbastanza corti riuscivamo a cavarcela, ma dove invece i rapporti si allungavano la Ducati moriva, non si poteva davvero colmare in nessun modo il gap con le altre moto.

Quindi come giudichi complessivamente questa stagione?
Da una parte molto buona: appena avevo le condizioni per andare forte ho sempre fatto bene, dall’altra sono molto deluso perché ho buttato via tante gare. In Australia sono partito alla grande, in Thailandia stavo per fare la pole position ma si è rotta la leva del freno dietro. Da quella gara sono partiti i problemi di movimento della moto sul dritto e abbiamo litigato un paio di mesi col problema. Thailandia e Aragon erano due piste dove il potenziale per vincere c’era, infatti sono le uniche piste in cui Chaz ha trionfato. Avrei potuto giocarmela con lui, invece non potevo andare a tuto gas sul rettilineo. Ho fatto due gare brutte, ho perso diversi punti che poi hanno pesato sul resto della stagione.

E cosa ne pensi delle tre gare a week end dell’anno prossimo?
Vi dico la verità, io ancora non ho capito. Fino a una settimana fa non pensavo nemmeno di correre in Superbike. Adesso, con calma, cercherò di capirci qualcosa anche io del nuovo regolamento.

Se non avessi accettato la proposta di Yamaha cosa avresti fatto?
Sul contratto con Yamaha non posso dire assolutamente niente, ma solo che sono molto felice. Comunque, se non avessi avuto questa occasione sarei andato di sicuro negli Stati Uniti. Se non avessi avuto una vera opportunità per restare, me ne sarei andato perché stare in Superbike solo per fare numero non mi interessa assolutamente.

Non hai pensato nemmeno al BSB?
No, perché non mi piacciono le piste, le trovo davvero troppo pericolose. Se uno nasce e cresce lì posso capirlo, ma per chi è abituato come me a correre per 20 anni in circuiti sicuri è un cambiamento difficile da digerire. Nel BSB non sarei stato assolutamente competitivo.
Il tuo rapporto con Ducati si è chiuso dopo diversi momenti “no”: cos’è che non è andato?
Il passato è passato, ormai è un capitolo chiuso e preferisco non parlare. È facile che venga fraintesa qualsiasi cosa io dica sull’argomento. Ormai, infatti, nei mesi scorsi si è scritto e detto di tutto, anche cose mai dette e mai fatte. Ora guardo solo al futuro.

Cosa porti a casa da questa avventura con Ducati in Superbike?
Sicuramente ho imparato tante cose. Innanzitutto ho avuto la possibilità di ritornare a correre dopo un anno e mezzo di stop, ho conosciuto gente con cui ho lavorato davvero bene. Anche con Chaz ho lavorato bene, con lui avevo già un buon rapporto e c’è sempre stato rispetto tra di noi. Credo che alla base dei rapporti migliori ci sia la sincerità, bella o brutta che sia, quando questa viene a meno crea sempre problemi.

Ducati l’anno prossimo porterà la V4 in SBK. Sarà lei l’arma definitiva per riportare il titolo a Borgo Panigale?
Io spero proprio di no (ride)! Non so niente di quella moto perché da giugno non mi hanno più informato sullo sviluppo, sapevano già che ero fuori dal progetto. Comunque è difficile esprimersi, anche nei confronti della BMW S 1000 RR: nessuno sa come si adatteranno le regole a queste moto, quindi staremo a vedere. Sembra che abbiano un motore incredibile, ma fortunatamente ci sono anche tante curve e speriamo che quelle aiuteranno noi. Comunque davvero, non voglio pensare agli altri, penso solo a me stesso.

Che obiettivo ti sei posto per il 2019?
Fare molto bene. Io è da un po’ di tempo che voglio vincere come si deve. So che non è una cosa facile, ma dentro di me io voglio continuare a credere di poter lottare per la vittoria. Poi gli obiettivi “reali” li sapremo con esattezza quando inizieremo a febbraio.

Parliamo invece del tuo rapporto con Nolan
Sono un loro pilota dal 1994, quando avevo 12 anni ho iniziato a usare un casco Nolan: per me è una famiglia ed il rapporto che si è instaurato negli anni mi ha aiutato tanto nei momenti difficili. Ho sempre cercato di dare una mano con la mia esperienza per migliorare il prodotto, sia quello che uso in pista che, di conseguenza, quello di serie. Sono contento di far parte di uno dei pochi marchi ancora totalmente Made in Italy. La forza del gruppo Nolan è quella di avere un presidente appassionato e che conosce bene il proprio prodotto. Una richiesta del pilota non è una lamentela, ma uno stimolo a fare meglio; penso che questa sia stata la vera forza di Nolan negli anni.

Che caratteristiche richiedi in un casco? Petrucci per esempio vuole degli interni specifici
Io ho la testa lunga e stretta, e quindi ho sempre bisogno di un casco su misura. È facile che il casco, quando sudi, si impregni e non sia più aderente al viso. Quindi anche io, come Danilo, chiedo interni che assorbano bene il sudore e misure sempre adatte alla mia testa. Dall’altra parte mi da fastidio l’areazione interna, cioè voglio sentire aria soltanto nella parte del naso e della bocca ma non negli occhi. Io sono uno dei pochi a usare il paranaso sul casco, anche quando non piove.
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