A Dourdan (da Montlhéry seguire la statale n° 20 verso sud, deviando
poi sulla D116)
nel 1904 il club francese Autociclo organizzò la prima
edizione del Trofeo internazionale di velocità, una competizione
riservata
alle squadre nazionali. Quella del 1904 passò alla storia perché mani amiche
lanciarono dei chiodi sul tracciato di gara, frenando la corsa dei concorrenti
stranieri e favorendo così la vittoria della squadra transalpina. Gli inglesi,
ritiratisi in blocco nei primi giri proprio a causa delle forature, sporsero
reclamo e la gara venne annullata.
Subito dopo Montlhéry e sulla strada per Dourdan si incontra Arpajon, piccolo
centro adagiato sulla costa di una collina attraversato da un lunghissimo
rettilineo. Bene, proprio su questo rettilineo si svolsero fino agli anni
Trenta del secolo scorso numerosi tentativi di record assoluti di velocità
(l’ultimo a cimentarsi nell’impresa in questa località fu
l’inglese
Josep Wright con la connazionale OEC Temple nel 1930).
Lasciate Arpajon e Dourdan alle nostre spalle, puntiamo verso i
l
castello
di Vaux-le-Vicomte, nelle vicinanze di Melun. Il castello venne
costruito
da Nicolas Foquet nel 1656 e completato nel 1661. Oggi è considerato
uno
dei migliori esempi dello stile architettonico dei primi anni di regno
del Re Sole (infatti alcuni degli artisti che lavorarono alla sua
realizzazione
vennero impegnati in seguito anche a Versailles).
Il suo proprietario, sovrintendente alle Finanze proprio di Luigi XIV,
non ebbe materialmente il tempo di goderselo: cadde in disgrazia nel 1661,
venne arrestato e le sue proprietà furono requisite.
Poco prima di lasciare Vaux-le-Vicomte e il suo bellissimo giardino,
sulla
Triumph si trancia il cavo della frizione. Il piccolo fuoriprogramma
viene risolto in pochi minuti grazie ad un nuovo cavo prudentemente portato
da casa. Regola numero uno per i proprietari di moto inglesi:
entrare
in sintonia con la propria moto in modo da prevedere esattamente quello
che si può rompere...
Risolto il problema, percorriamo le statali n° 6 e 7 inoltrandoci nella
foresta di Fontainebleau ricca di faggi, roveri e pini silvestri. Oggi
è una zona protetta, nel 1927 invece ha ospitato la 6ª edizione del Bol
d’Or, sfrattato quell’anno dalla foresta di Saint-Germain perché
l’anno
prima si era verificato un grave incidente costato la vita ad alcuni spettatori.
Dopo Fontainebleau ci dirigiamo verso
la zona dei castelli della Loira.
Per la verità la parte migliore si estende ad ovest di Montargis dove,
grossomodo nelle vicinanze del quadrilatero formato dalle città di Orléans,
Le Mans, Angers e Tours, sono racchiusi tutti i castelli più interessanti.
Inoltre, a Le Mans c’è il circuito su cui si corre la celebre 24 ore.
Un luogo mistico, ricco di storia a 2 e 4 ruote che vale la pena di visitare.
La deviazione verso la Loira ci porterebbe però fuori strada. Ci limitiamo
così a lambire la zonapercorrendo le statali n° 7 e D32 fino a Courtenay.
Visitiamo il piccolo castello di Prunoy e poi raggiungiamo Auxerre passando
per Touchy. La campagna francese ci avvolge nei suoi colori e il percorso
si snoda in mezzo al verde. Queste strade sono l’ideale per le nostre
moto (la Honda come al solito nello stretto soffre terribilmente) e Auxerre
viene raggiunta in breve tempo.
La città è un importante centro della Bassa Borgogna. Attraversata dal
fiume Yonne, anticamente era una stazione di posta lungo la strada romana
che da Lione arrivava fino a Parigi. Visite obbligate all’abbazia di S.
Germano (che in una cripta ospita le reliquie del santo) e alla cattedrale
di S. Stefano.
Dopo aver visitato Auxerre, decidiamo di entrare in autostrada puntando
ancora verso Bourg-en-Bresse, anche se ormai è piuttosto tardi e la stanchezza
inizia a farsi sentire. Siamo costretti a pernottare in un motel a Beaune
e la mattina seguente, dopo aver controllato per l’ennesima volta il
livello
dell’olio motore (anche se il consumo di lubrificante della BMW è
veramente
irrisorio), riprendiamo la strada.
Il giorno dopo ci aspetta l’ultima volata: dopo Bourg-en-Bresse
raggiungiamo
il lago di Bourget attraverso un paesaggio di rara bellezza. Dal lago a
Chambéry il passo è breve. Qui ci limitiamo ad un fugace passaggio in città,
un tempo strategico crocevia per le strade che collegavano Piemonte e Francia.
Non a caso infatti Chambéry rimase sotto il controllo dei Savoia anche
dopo il loro trasferimento a Torino.
Ed è proprio il capoluogo piemontese la nostra ultima meta, raggiunto in
autostrada dopo aver percorso il tunnel del Frejus, prima di puntare verso
Milano e la redazione.
In tutto abbiamo percorso 2.084 km, senza alcun
grave inconveniente. Una curiosità: l’incubo che ci ha accompagnato
per tutto il viaggio è stato quello di rimanere senza olio. Paura legittima
per il guidatore della Triumph (la moto inglese, noblesse oblige, accusa
i soliti trasudamenti d’olio e ne consuma parecchio: negli oltre 2.000
km si è mangiato 1,8 litri) e per quello della Honda, che ha felicemente
doppiato da tempo la boa dei 100.000 km. Bene, dopo averne controllato
il livello per quattro giorni di fila, abbiamo saltato questa operazione
da Torino a Milano con il risultato che la Honda, forse sentendosi trascurata,
lo ha consumato tutto negli ultimi 100 km, complice anche la temperatura
decisamente africana. Ancora una decina di km e sarebbe successo il patatrac...
Per evitare
che un bel viaggetto in compagnia degli amici si trasformi rapidamente
in tragedia a causa di noie e inconvenienti di varia gravità, è
necessario prendere qualche precauzione. Prima di partire bisogna
controllare
il serraggio della bulloneria, specie sulle moto afflitte da vibrazioni
croniche, e ripassare interamente l’impianto elettrico per individuare
eventuali pecche nei fili e nelle guaine. Vista l’eventualità
tutt’altro
che remota di prendersi una lavata, soprattutto se la meta del viaggio
è a nord, è bene impermeabilizzare i contatti con dello spray idrorepellente.
Le moderne candele funzionano in maniera egregia, basta solo non esagerare
con la loro anzianità di servizio. Meglio invece sostituire le pipette
originali, solitamente in bachelite, con altre in silicone più moderne,
sicure e funzionali. È inutile portarsi dietro un mini-magazzino ricambi,
perché in caso di guasto si rompe sempre quello che non c’è.
Meglio quindi concentrarsi prima di partire su quei particolari cronicamente
a rischio di rottura (filo gas e frizione, leve al manubrio con braccialetto
universale) caricando solo quelli. Indispensabili nastro isolante, nastro
americano e fil di ferro per gli interventi d’emergenza, una scorta
d’olio
sufficiente per gli eventuali rabbocchi, olio spray per la catena. Se le
moto hanno l’accensione elettronica, i problemi sono inesistenti. Se
invece
montano l’accensione a puntine è bene munirsi di una coppia di contatti
di scorta con i relativi condensatori e di una bella scorta di fusibili
e di lampadine. Anche con gli attrezzi è meglio non esagerare: sono sufficienti
una trousse generica e gli attrezzi specifici per un determinato modello
(se si tratta di moto inglesi, le chiavi in pollici sono fondamentali). |