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Non è solo una gomma. Visita esclusiva al Reparto Corse Michelin

Quanto siano fondamentali gli pneumatici nel massimo campionato della velocità è un fatto sempre più evidente. Siamo andati a visitare il Reparto Corse e la fabbrica di Michelin che sforna 20.000 gomme ogni anno tra slick e rain

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Piero Taramasso, responsabile Michelin per la MotoGP osserva i monitor durante una fase di gara. Il costruttore francese è dal 2016 il fornitore unico degli pneumatici per la MotoGP e ha esteso la collaborazione fino al 2026. È un impegno da circa 20.000 pneumatici a stagione

Mai come nella stagione che è andata in archivio lo scorso anno, gli pneumatici sono balzati agli onori delle cronache e non sempre con commenti favorevoli. Ricordiamo le critiche di Jorge Martin al termine del week end del Quatar per l’usura anomala o i warning in Malesia a ben cinque piloti per pressione insufficiente. Il fatto è che il massiccio sviluppo dell’aerodinamica degli ultimi anni, così come la comparsa degli abbassatori, hanno portato a sollecitare le ciclistiche delle MotoGP in maniera del tutto nuova. Quindi, gli pneumatici sono forse i componenti che più ne hanno subito gli effetti dovendo gestire carichi che solo alcuni anni fa erano impensabili. Per capirne di più siamo andati in Francia, a Clermont-Ferrand, cuore della galassia operativa di Michelin dove, accolti da Matthieu Bonandel, Head of motorsport business line, abbiamo potuto visitare i siti di Ladoux e di Les Gravanches dove vengono progettati e costruiti gli pneumatici per le MotoGP, della quale la casa francese è fornitore unico fino al 2026. Banditi i cellulari e anche la possibilità di scattare foto. Però siamo in grado di raccontarvi tutto il ciclo di vita degli pneumatici MotoGP, da quando vengono concepiti fino alla conclusione della loro vita dopo la bandiera a scacchi. I primi passi di uno pneumatico MotoGP, o meglio i primi giri di ruota, avvengono presso il sito di Ladoux. La costruzione, modernissima e avveniristica, racchiude il più grande centro Ricerca e Sviluppo del colosso francese. I numeri sono imponenti: 68.000 mq e 3.800 specialisti di ben 31 settori. A fianco della costruzione si sviluppano i 22 tracciati di prova, per ben 43 km di lunghezza totale. L’anello di alta velocità da 7,8 km sottopassa il fabbricato e i pavimenti con inserti in vetro permettono di ammirare i mezzi lanciati nei test.

Jean Philippe Cappelle Capo dell’R&D e Romain Cacheux, Tire designer MotoGP, saranno la nostra guida. Quanto fatto per il gran premio indiano di Buddh del 2023 sarà d’esempio. Spiega Romain Cacheux:Era la prima volta in assoluto che le MotoGP calcavano quell’asfalto. Non avevamo alcun dato su cui basarci per la scelta delle mescole, per garantire le prestazioni e soprattutto la durata e la sicurezza dei piloti. Aerodinamica e abbassatori hanno talmente aumentato lo stress meccanico e termico delle gomme che diventa obbligatorio scegliere correttamente da subito la rigidità e le mescole della carcassa”. Senza alcun dato di riferimento la cosa sembrerebbe impossibile. La strada però c’è ed è basata sulla simulazione tramite sofisticati modelli matematici che descrivono il comportamento dinamico della moto. Da li si ricava l’andamento delle sollecitazioni meccaniche e termiche dello pneumatico durante il giro di pista. “Si parte dal lay-out del tracciato in formato digitale, potrebbe bastare in questa primissima fase anche la mappa ottenibile da Google map. - così Romain Cacheux - Poi definiamo la traiettoria che la moto segue in pista. Ora ci sono tutti gli elementi per simulare un lap-time, ovvero un giro ad andatura di gara. Il nostro software di simulazione, tramite le equazioni che definiscono la dinamica di una MotoGP, riesce a riprodurre in ogni punto del percorso l’andamento della velocità, l’angolo di piega e le forze che agiscono sugli pneumatici. Da qui otteniamo le sollecitazioni termiche e le temperature che questi raggiungono"

Un calcolo del genere richiede una grande potenza di elaborazione: una delle decisioni critiche è trovare il giusto equilibrio tra il numero di punti di calcolo lungo il giro e il tempo di attesa necessario per ottenere i risultati della simulazione. La grande quantità di dati prodotti dalla simulazione viene poi “riassunta” in una serie di grafici interattivi per facilitare le analisi e poi sintetizzata in un “profilo di sollecitazione” che, finalmente, può essere confrontato con gli analoghi profili di simulazione dei tracciati delle diverse tappe che fanno parte del campionato della MotoGP.

Il profilo più simile ci fornisce la base di partenza per realizzare lo pneumatico di test – continua Romain Cacheux - Per motivi di sicurezza non si passa subito alle prove in pista, invece la gomma viene installata su una speciale macchina di test in grado di realizzare l’andamento nel tempo delle velocità, degli angoli di piega, dei carichi e delle temperature rag - giunte durante la simulazione al computer”. È realmente impressionante vedere dal vivo la macchina in funzione che simula i giri di pista portando lo pneumatico fino a 350 km/ora o a pieghe fino a 60°. Durante la prova vengono raccolti i dati delle sollecitazioni e delle temperature raggiunte istante per istante.

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Questa la macchina con cui vengono provati gli pneumatici in sviluppo prima di andare in pista. Crea le sollecitazioni del circuito, accelerando fino a velocità di 350 km/ora e inclinando la gomma fino a 60°. Simula due tipi di “asfalto” con diverso grip

Ecco la moto con cui Michelin esegue i primi test sugli pneumatici. Sotto la livrea in fibra di carbonio c’è una Honda CBR1000RR-R. Per ricreare le sollecitazioni a cui sono sottoposti gli pneumatici è dotata dell’avantreno di una MotoGP, comprese le appendici aerodinamiche. Completa le dotazioni una piattaforma inerziale per raccogliere i dati dinamici e sensori vari, pure ad infrarossi, per rilevare le pressioni e le temperature sulla superficie degli pneumatici

Quando la gomma supera la “tortura” della macchina è ora di passare ai test reali in circuito. Viene realizzato un set di pneumatici che sono montati su una Honda CBR1000RR-R dotata di ruota anteriore completa di dischi, pinze e carenature in carbonio identici a quelle utilizzate in MotoGP. Non mancano le appendici aerodinamiche per fornire la corretta deportanza. La forcella, invece, è un poco meno rigida di quella utilizzata in MotoGP per non mettere in crisi il telaio, che non è progettato per gestire simili carichi, ma è pur sempre una Ohlins utilizzata in Superbike. La moto è completamente strumentata per raccogliere tutte le informazioni relative alla sua posizione, alla dinamica rispetto a sei assi e alle temperature raggiunte dagli pneumatici. “Il primo a provare i prototipi è il nostro collaudatore Sylvain Guintoli campione del mondo Superbike e con notevole esperienza di MotoGP. - racconta Romain Cacheux - Sylvain fa la prima scrematura delle soluzioni proposte scegliendone tre o quattro. Queste poi passano ai tester delle Case, come Stefan Bradl (Honda), Michele Pirro (Ducati), Cal Crutchlow (Yamaha). Loro ne selezionano un paio che vengono testate dai piloti ufficiali, per arrivare alla scelta finale”. Aggiunge Taramasso: “Per quanto tutti in MotoGP siano ottimi piloti, i migliori nel fornire i riscontri sono Marc Márquez, Pecco Bagnaia e Luca Marini, sono dotati di estrema sensibilità e hanno la capacità di trasmettere in maniera estremamente chiara e tecnica le loro sensazioni”

Il processo di sviluppo ha sempre come riferimento la sicurezza di funzionamento e di durata dello pneumatico e di conseguenza la sicurezza del pilota. L’avanzamento da uno step all’altro avviene solamente quando la fase precedente è completamente approvata.

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Quindi vengono tagliati con una forma a ”nastri”, pronti per essere trasferiti al reparto costruzione pneumatici

Il processo di sviluppo ha sempre come riferimento la sicurezza di funzionamento e di durata dello pneumatico e di conseguenza la sicurezza del pilota. L’avanzamento da uno step all’altro avviene solamente quando la fase precedente è completamente approvata. Seconda tappa della nostra visita è il sito di Les Gravanches, sempre nei dintorni di Clermont-Ferrand. È qui che Michelin concentra la produzione di tutte le slick per le due e le quattro ruote e delle gomme destinate alle supercar. Si lavora su tre turni per 360 giorni all’anno per produrre 1,5 milioni di pneumatici di altissime prestazioni.

Anche qui cellulari e foto sono vietati per motivi di riservatezza sulle tecnologie produttive adottate. Piero Taramasso, responsabile Michelin per la MotoGP, in nostra compagnia durante la visita spiega che: “Ogni anno Michelin sforna circa 20.000 pneumatici MotoGP tra slick e rain, utilizzati in gare e nei test. Ad ogni week end di gara sono circa 1.200 le gomme che rendiamo disponibili e di queste circa la metà viene utilizzata. È uno sforzo logistico notevole, senza contare le attuali minacce da parte degli Houthi nel Mar Rosso che ci hanno costretto a spedizioni aeree invece che via nave, con un bell’aggravio di costi”.

Ma veniamo alla produzione: si inizia dai test di controllo e accettazione dei tre componenti utilizzati: gomme di differenti mescole, inserti metallici e fibre tessili. La gomma, prodotta a Clermont-Ferrand, arriva in fogli e viene trasformata in lunghi nastri avvolti in bobine che poi vengono trasferite al reparto, super riservato, dove il pneumatico prende forma. Il divieto di scattare foto è assoluto, possiamo solamente descrivere il processo, completamente automatizzato, per la costruzione della gomma posteriore che, ci spiega Taramasso: “È quella con il maggiore contenuto tecnologico, per via delle sollecitazioni che deve gestire. Per l’anteriore, prodotta in un altro reparto, ci sono ancora alcuni interventi manuali che elimineremo dall’anno prossimo con il rilascio del nuovo pneumatico”.

La cella di lavoro inizia con lo stampare su una apposita sagoma la “ciambella” toroidale dello pneumatico. Su questa forma alcuni bracci posizionano le fibre tessili di rinforzo, in direzione longitudinale, radiale e incrociata intervallate da strati di gomma. Disposizione delle fibre tessili e mescole dottate permettono di ottenere le diverse caratteristiche di rigidità della carcassa. Conclusa la fase di deposizione delle fibre, si dispone il ”battistrada” cioè la parte più esterna che può essere di mescole più o meno dure e poi lo pneumatico passa nello stampo di vulcanizzazione da cui esce finito. Lo stampo è unico per tutte le tipologie di slick, le rain ne utilizzano invece uno dedicato per via del profilo leggermente diverso e della presenza degli intagli. Dopo ben 40 minuti di lavorazione, senza alcun intervento manuale, la gomma posteriore è finita.

Terzo e ultimo step è il controllo di qualità effettuato su tutti gli pneumatici prodotti. Vengono trasferiti al reparto di test per essere verificati in ogni dettaglio a garanzia della qualità produttiva. Primo passaggio è il controllo visivo sull’aspetto esteriore, poi vengono passati ai raggi X per verificare la corretta disposizione delle parti interne, segue il controllo di tutta la geometria con una sequenza di misure accurate. Infine si passa ai test dinamici sia a pneumatico sgonfio sia in pressione per verificare la rotondità e il bilanciamento.

Sempre Taramasso ci conferma che: “La precisone e la ripetibilità del processo produttivo fa si che gli pneumatici non richiedano alcun bilanciamento, solo in qualche caso si arriva a dovere aggiungere 10 grammi” In caso di difetti lo pneumatico viene distrutto che è poi la fine a cui vanno incontro tutte le gomme reduci dalle gare. Ma per questi, al rientro a Clermont-Ferrand, ci sono ancora alcuni passaggi obbligati: vengono decorticate per portare alla luce le fibre tessili che poi separate dalla mescola sono misurate per verificare le loro prestazioni residue. Sono, quindi, eseguite per ultimo passaggio sezioni dello pneumatico per controllare il corretto posizionamento delle fibre dopo lo sforzo della gara.

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