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Max Friz: l'uomo che "ruotò" il boxer per creare la prima moto BMW

Una vita nei motori, prima automobilistici e da Gran Premio, poi aeronautici e da record di altitudine, quindi l’approccio di successo alla prima moto costruita dalla Casa bavarese, la R 32. Nel 1923 il progettista tedesco ha rivoluzionato il mondo delle due ruote con un motore dallo schema - e dai concetti di base - ancora validi ai nostri giorni. E tutto questo con l’aiuto di una stufa

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Chi è Max Friz? Perché è così importante nella storia di BMW? Il tecnico tedesco nasce nel 1883 e sin da giovane si appassiona alla meccanica e agli aerei. Si forma alla scuola dei motori aeronautici di Daimler Mercedes, collabora con Ferdinand Porsche sino a realizzare un motore da automobile, un propulsore che viene montato su una macchina da Gran Premio. Nel GP di Francia del 1914, sulle strade intorno a Lione nella vallata del Rodano, la Mercedes piazza le sue auto ai primi tre posti, un risultato che sciocca i francesi, che vedono la sconfitta della accreditata Peugeot e della veloce Delage. Sono anche giorni di venti di guerra (il primo conflitto mondiale inizia il 28 luglio dello stesso anno) e l’aviazione comincia ad avere un ruolo importante sullo scenario bellico. Dopo la Mercedes, Friz approda alla Rapp Motorenwerke (che nel 1917 diventa BMW) dove propone dei motori molto potenti, che concettualmente derivano da quelli dei GP automobilistici, e lascia il segno con un sei cilindri che funziona al meglio anche ad alta quota. Non usa un compressore per mantenere la potenza alle altitudini dove l’aria è rarefatta, ma adotta un rapporto di compressione - elevato per l’epoca - in combinazione con un carburatore a triplo corpo. La benzina utilizzata in quegli anni ha un basso numero di ottano e rapporti di compressione particolarmente spinti (il valore dei motori di Friz era di 6:1) mal si adeguavano con i distruttivi fenomeni di detonazione nelle camere di scoppio. Così Friz ingegna un carburatore ad apertura progressiva, in base alla quota raggiunta dall’aereo, per dare una maggior quantità d’aria nella combustione.
Dopo la guerra, la Germania sconfitta deve sottostare a dei divieti, compreso quello di costruzione di aerei militari e quindi dei potenti motori che BMW produce. Nella ricerca della conversione dell’azienda, la prospettiva di realizzare motori per i costruttori di moto tedesche è concreta. Max Friz, che è il direttore tecnico, e il suo valente collaboratore Martin Stolle devono pensare a questo propulsore e guardano al boxer costruito dalla Douglas, la moto che usa Stolle. Il motore BMW nasce nel 1920 ed è un bicilindrico disposto longitudinalmente: si chiama M2B15, ha una cilindrata di 500 cc, una potenza di 6,5 CV, pompa di lubrificazione, il cambio separato e trasmissione finale a cinghia o a catena. Sul carter destro appare la sigla BMW e il logo bianco e azzurro. Viene venduto alla Victoria di Norimberga ed equipaggia pure la Helios costruita direttamente dalla BMW. La Victoria è una moto solida nel telaio, precisa nella guida e anche ricca nell’allestimento, mentre la Helios non ha gli stessi pregi, tanto che Friz suggerisce al numero uno Franz Josef Popp una soluzione: "Meglio buttarla nel lago più vicino”. Inoltre la Victoria decide di cambiare il boxer preferendo quello disegnato da Stolle, che nel frattempo è fuoriuscito da BMW. Così Popp, nell’autunno del 1922, incarica Friz di realizzare una moto che finalmente abbia solo il nome di BMW. E che lo porti in alto. È la R 32.

Lo mette di traverso

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L’ingegnere tedesco pensa come un ingegnere aeronautico, mettendo davanti a tutto i fattori di affidabilità, praticità d’uso e facilità della guida. Friz è un vero motociclista, partecipa alle gare e frequenta un moto club che ha sede a Monaco di Baviera. Ovviamente, le discussioni sulla moto migliore sono all’ordine del giorno. Così come i confronti tra la produzione tedesca e quella inglese. Friz raccoglie tanti pareri e alla fine, probabilmente anche guardando alla inglese ABC 400 del 1919 che è entrata nell’orbita della Sopwith Aviation, decide di rivoluzionare il motore M2B15 che ben conosce. I cilindri vanno quindi di traverso al senso di marcia - ruotati di 90° - per avere un migliore raffreddamento, il cambio a tre marce è in blocco con il resto del motore, il volano è racchiuso nel carter tagliato orizzontalmente e ospita la frizione a secco, infine la trasmissione finale è ad albero perché non richiede i continui aggiustaggi delle deboli catene del tempo. Per ottimizzare i costi, testa e cilindro in ghisa - uniti e dalla alettatura radiale - sono quelli del precedente M2B15 e pure la distribuzione a valvole laterali. Inoltre, le molle delle valvole sono facilmente verificabili tramite dei carter chiusi a vite. Il carburatore ha chiare origini aeronautiche di casa BMW: ha un diametro di 22 mm e due cannocchiali per l’aria e il carburante. Per il telaio si affida a un doppia culla chiusa realizzato in tubi saldati tra di loro (altra rarità per quel tempo). Per la sospensione anteriore usa delle balestre e dei leveraggi, mentre dietro non esiste il molleggio, anche per ottimizzarsi alla trasmissione ad albero. Assente del tutto (per i primi 200 esemplari) il freno a tamburo mentre dietro c’è un cerchietto metallico che interagisce con un pezzo di legno. E meno male che non esiste il traffico!

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