Siamo da poco scesi dalla Street Twin (qui il test) e nel passaggio alla T100 verrebbe da pensare: “Vabbé, sarà la stessa cosa, con qualche cromatura in più”. Invece no. Tanto per cominciare cambia l’impostazione in sella: la seduta è leggermente più alta e le pedane un poco più basse e avanzate. Tra le gambe si stringe un serbatoio leggermente più panciuto e alto; anche il manubrio è un po’ più largo. Si sta più rilassati, con i polsi meno carichi e le ginocchia meno rannicchiate. Avviato il motore, cambia il sound: dai silenziatori a bottiglia esce un borbottio che sembra più educato o forse è solo mezzo tono più basso rispetto alla sorellina appena provata. Rispetto al modello precedente, dimagrisce di 4 kg, ma resta comunque più pesante della Street (+ 8 kg, stando al dichiarato). Risultato: in manovra a bassa velocità è ugualmente facile, ma quando ci si lancia in un bel misto, la Street Twin scappa. Le ruote a raggi, benché alleggerite rispetto al passato, generano comunque maggiore inerzia rispetto a quelle in lega e tra le curve e nei cambi di direzione si sente. Non che sia un plinto da far girare, beninteso, ma nel confronto con la sorella si capisce subito che la T100 è meno incline alla guida arrembante. Ci si rende conto di questo anche in staccata: la pinza flottante a due pistoncini appare subito più debole rispetto alla quattro pistoncini della Street. Gli spazi d’arresto sono contenuti, la modulabilità è ottima, ma la prontezza è inferiore.
E poi c’è il motore. Meccanicamente è identico, lo stesso 900 HT della Street Twin; anche potenza e coppia massime dichiarano gli stessi numeri. Ma cambiano i regimi a cui sono raggiunte: rispettivamente 100 e 50 giri/min in meno della sorella. Sottigliezze, direte voi. La sostanza sta in una mappatura dedicata, ancor meno aggressiva rispetto alla Street Twin. Parliamo di differenze quasi impalpabili, che però balzano all’occhio (anzi, al polso!), quando si scende dalla sella di una per salire immediatamente su quella dell’altra. Sulla T100 l’erogazione è ancora più fluida, più progressiva, più dolce. In altre parole: più facile. L’unica cosa che proprio non capiamo è perché, pur sfruttando la medesima base tecnica, non ci siano due riding mode tra cui scegliere. Perché non dare un plus apprezzabile come questo anche alla T100?
Se siete curiosi di sapere anche come va la sorella più grande, la Bonneville T120, qui trovate il test.