Qui in Portogallo dove stiamo provando la nuova Africa Twin Adventure Sports sono presenti alcuni degli ingegneri che l'hanno progettata. Uno di loro ci avvicina durante una pausa caffè e domanda se notiamo una grande differenza con la versione precedente. Rispondiamo di no e ci spieghiamo meglio: non ci sono secondo noi differenze enormi in questo o quell'aspetto ma piuttosto notiamo tante piccole caratteristiche che cambiano e che, sommate, definiscono una nuova moto. Lui sorride e si fa conciliante. In Giappone, ci spiega, pensiamo che le montagne si costruiscano un granello di polvere dopo l'altro.
L'Africa Adventure Sports era una bellissima moto, insomma, e continua a esserlo. La nuova versione è un po' migliore nella guida su asfalto e nella semplicità di approccio. Permette di toccare terra un pelo meglio (è più bassa, tuttavia l'imbottitura della sella più spessa di 15 mm riduce parte di tale vantaggio) ed è più rassicurante nei tratti dove si può guidare spediti, quelli ben asfaltati ricchi di curve. Lì mostra un passo avanti sia nella sensazione di appoggio offerta dalla ruota anteriore in inserimento e percorrenza, sia nella reattività nei cambi di inclinazione. Risulta così più appagante, coinvolgente e immediata: una spolverata di pepe in una portata il cui gusto è sempre quello dell'Africa. Il bello di questa moto, oggi come ieri è il suo equilibrio, la sua rotondità, la sua precisione. Si muove con eleganza e atleticità da una curva all'altra conquistando il pilota con una grande fluidità, invitandolo a pennellare traiettorie morbide tra belle pieghe.
Come dicevamo è un po' più a suo agio ad andature particolarmente spigliate, per il modesto vantaggio a livello di maneggevolezza e per una gestione più puramente stradale dei trasferimenti di carico, più controllati che in passato. Va detto che questa iniezione di efficacia porta a strisciare le pedane (fisiologicamente più basse) prima di quanto accadesse con la versione precedente e, a dire il vero, piuttosto in fretta. Mette anche voglia di avere gomme più performanti soprattutto a livello di feeling. Sono rimasti ottimi i freni, tanto potenti quanto modulabili, e il comfort di marcia.
La nuova Adventure Sports digerisce bene le sconnessioni risultando piacevole anche su strade scassate, vibra il giusto (quel tanto che basta per farti sentire su una moto e non su di un elettrodomestico, ovvero in modo avvertibile ma mai eccessivo), ha una triangolazione azzeccata e spaziosa ed è ben protettiva pure viaggiando oltre la velocità codice autostradale. Peccato, per inciso, il plexi non si possa regolare in movimento a meno di prendersi qualche rischio, dato che il meccanismo richiede l'utilizzo di due mani.
A livello di guida, il passo avanti fatto su asfalto ha come effetto (naturale) in fuoristrada un avantreno un po' meno rigoroso e rassicurante sui fondi molli o particolarmente scassati - terreni che, però, non dovrebbero essere meta di chi è interessato a questo modello. Invece, la nuova Adventure Sports è rimasta piacevolissima nell'offroad scorrevole anche mediamente impegnativo. È pur sempre un'Africa: è bilanciata, sicura, pronta a perdonare la radice o il dosso visti all'ultimo (l'escursione concessa alle è ridotta rispetto al passato ma pur sempre generosa). Su di lei ci si sente sicuri e ci si diverte, e si dispone di sistemi elettronici che possono enfatizzare una sensazione o l'altra, o addolcendo l'erogazione e azzerando gli slittamenti delle ruote o permettendo derapate e sgommate; con tutte le sfumature intermedie. Tra le cose che non sono cambiate, il fatto che le pedane siano troppo avanzate per la guida in piedi. È una caratteristica che infastidisce soprattutto in salita dove porta ad appendersi al manubrio a svantaggio di impegno fisico richiesto e guidabilità.
Anche il motore ha lo stesso carattere di sempre. Ha un gran bel sound, è regolare fin dal minimo e spinge in modo deciso e godibile a ogni regime. È un compagno piacevole a 360°, si tratti di passeggiare, trotterellare o correre, che ha guadagnato una grinta avvertibilmente più spiccata ai bassi e ai medi. È abbinato al solito ottimo cambio tradizionale, volendo con quickshifter, o al DCT il quale ha i soliti pregi e ha fatto un passettino avanti dov'era migliorabile. I pro sono quelli di sempre: niente frizione, la possibilità di usarlo come un manuale e le quattro modalità automatiche di cambiata che ben si sposano al passeggio o agli inseguimenti con varie gradazioni intermedie. Il suo neo storico è l’impossibilità nelle manovre da fermo o a bassissima velocità di modulare l'erogazione con la precisione garantita da una frizione a comando manuale. La spinta arriva in modo un po’ deciso e vagamente impulsivo e obbliga a usare l’escamotage di addolcirla attraverso l'utilizzo del freno posteriore. Ciò vale anche con la nuova Adventure Sports la quale, tuttavia, mette in campo una gentilezza superiore nelle fasi più delicate.