La storia della V-Strom 1000 prende il via nel 2002, quando la casa di Hamamatsu presenta una maxienduro dal design squadrato e imponente, che nasconde una ciclistica e un motore (quello della TL1000S) da sportiva. La moto resta poi invariata fino alla sua uscita dai listini nel 2006. La prova è stata pubblicata su Motociclismo di Maggio 2002, ripercorriamola insieme:
Non ci era mai capitato di presentare una moto partendo da quello che sembra un grossolano difetto. Lo facciano per la Suzuki V-Strom, con un sentimento di vago rimpianto: lo stesso che probabilmente provano tecnici e dirigenti della Casa giapponese. Chiariamo subito: a noi sembra che l’unico difetto della V-Strom sia quello di essere arrivata in ritardo. Con un motore simile - datato ufficialmente 1997 e unanimemente apprezzato per le doti di potenza, coppia e affidabilità - sarebbe stato possibile giocare già da tempo contro una concorrenza consolidata: parliamo della BMW GS e della Honda Varadero, due moto che, per caratteristiche e missione, sono il riferimento a cui guardano i tecnici nel presentare la V-Strom.
Questa “Sport-Enduro-Tourer” - come la definiscono in casa Suzuki - non sembra avere nulla di rivoluzionario che possa affascinare al primo sguardo: è però una moto di grandissime qualità che vanno scoperte toccandola con mano, apprezzandone la versatilità nel tragitto casa-lavoro così come nella vacanza in coppia o nella sparate striscia-pedane.
Estetica e ciclistica si possono definire convenzionali, pur nella modernità delle soluzioni adottate. La V-Strom 1000 appare corposa soprattutto nel posteriore, dominato dai grossi terminali di scarico rialzati: questi, insieme ai paramani e al puntale inferiore, conferiscono il look fuoristradistico alla moto.
La vista laterale evidenzia il perfetto raccordo delle sovrastrutture: la semicarenatura "abbraccia" il serbatoio da 22 litri, la cui linea si prolunga senza soluzione di continuità nella parte anteriore della sella. Questa a sua volta si integra nel grosso portapacchi in lega, che funge anche da robusto appiglio per il passeggero. Il cupolino, con i gruppi ottici integrati, è da vera sport-tourer per la linea profilata e aggressiva.
Ottimo il livello di finitura: accoppiamenti, saldature e fusioni indicano un'elevata cura costruttiva. L'ampio manubrio è corredato da leve ergonomiche regolabili e blocchetti elettrici di standard qualitativo elevato: oltre al lampeggio diurno c'è anche il pulsante per quello d'emergenza degli indicatori di direzione. La strumentazione è ben isolata nel cupolino e si avvale di due strumenti circolari con tachimetro e contagiri analogici.
La posizione in sella è assolutamente naturale anche per persone di statura diversa: le ginocchia stringono senza problemi serbatoio, lo sviluppo del manubrio e la dislocazione delle pedane permettono naturali angolazioni degli arti e il corretto posizionamento del busto. La sella è posta a 840 mm dal suolo, altezza più che vivibile e in linea con le dirette concorrenti: sulla V-Strom si è però meno infossati, e c'è un certo margine di spostamento longitudinale.
Per quanto riguarda la ciclistica, al telaio in alluminio è accoppiato un altrettanto pregevole forcellone, anch'esso in alluminio, con monoammortizzatore e leveraggio progressivo: questo è regolabile nel precarico della molla tramite un pratico pomello, e nell'estensione idraulica, con un registro a vite posto inferiormente sul corpo dell'ammortizzatore stesso. All'anteriore lavora una forcella tradizionale e non regolabile con steli da 43 mm.
Il vero plus è il motore: è il bicilindrico che fece la sua comparsa sulla TL1000S, uno di quei cloni Ducati - per configurazione e misure che alimentarono le scontate ironie sull'abilità… “copiativa” dei giapponesi. Per adeguarsi alle più miti pretese della V-Strom, il bicilindrico a V di 90° e 996 cc ha subito una rivisitazione tecnica sostanziosa. Innanzitutto una salutare opera di alleggerimento, con nuovi pistoni in alluminio forgiato con segmento superiore a L e bielle più leggere di 90 g l'una. Rivista anche la distribuzione, con le valvole di aspirazione più piccole (36 mm di diametro anziché 40) e un diagramma meno spinto.
L’iniezione elettronica con corpi farfallati da 45 mm si arricchisce delle indispensabili “diavolerie” per migliorare coppia ed erogazione e per adeguarsi alle norme antinquinamento. C’è il sistema SDTV (Suzuki Dual Throttle Valve), ovvero la doppia valvola nel corpo farfallato (gestite la prima dall'acceleratore e la seconda dalla centralina) che, associato al sistema PAIR che inietta aria fresca nel condotto di scarico permette una perfetta interazione con la marmitta catalitica, rendendo la Suzuki V-Strom 1000 in regola con i limiti della normativa Euro 2.
A ennesima riprova della bontà del bicilindrico Suzuki, la V-Strom 1000 ha fornito notevoli rilievi strumentali, degni di una sportiva di razza: 92,7 CV (68,2 kW) alla ruota (ne rilevammo 107,4 sulla TL 1000 S) contro i 75,1 CV della BMW R 1150 GS e gli 84,5 della Honda Varadero.